Disturbo di panico e agorafobia
Nel Disturbo di Panico l’ansia si manifesta con intensi episodi distinti chiamati “attacchi di panico” accompagnati a pensieri catastrofici relativi alla salute oppure alla perdita di controllo. Un attacco di panico è un periodo preciso di paura o disagio intensi in assenza di vero pericolo accompagnati da almeno 4 dei seguenti sintomi somatici o cognitivi:
tachicardia
sudorazioni
tremori fini o a grandi scosse
sensazioni di dispnea o di soffocamento
sensazione di asfissia, dolore o fastidio al petto
nausea o disturbi addominali
vertigini o sensazione di testa leggera
senso di irrealtà o di stranezza del proprio corpo
paura di perdere il controllo o di ‘‘impazzire’’
paura di morire
parestesie e brividi o vampate di calore (mani sudate)
bocca o gola secca
sensazione di spilli o di formicolio alle mani, ai piedi e al viso
L’attacco ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito in 10 minuti o meno), ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo o di catastrofe imminente e da urgenza di allontanarsi.
Per poter parlare di Disturbo di panico non è sufficiente la presenza di attacchi di panico, ma è necessario che si associ un cambiamento dello stile di vita caratterizzato da evitamento, ovvero la tendenza ad evitare azioni, situazioni o circostanze in seguito alle quali il soggetto teme di poter aver un ulteriore attacco di panico (ansia anticipatoria).
Posta la diagnosi di Disturbo di Panico, viene poi specificata la presenza o assenza di Agorafobia, definita come “ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali può risultare difficile ottenere aiuto nel caso di un attacco di panico inatteso o situazionale.”
Evitamenti tipici:
viaggi, allontanamenti da casa o dalla città
rimanere da soli
essere lontani da ospedali o da medici
andare a divertirsi con gli amici
autostrade, gallerie, mezzi pubblici, traffico, aereo
folla, supermercati, piazze e strade, ristorante, teatro, cinema...
Ciò che accomuna tutte queste situazioni è la sensazione di non avere vie di fuga nel caso in cui ci si sentisse male. L’idea di non avere vie di fuga non è necessariamente legata ad una situazione fisica, ma può essere simbolica o relazionale. Es. “Se esco con gli amici non posso andare via, altrimenti cosa penserebbero di me?” L’evitamento viene percepito dal soggetto come una ovvia conseguenza del problema: “Siccome ho gli attacchi di panico non posso...”
Anche se questa soluzione viene considerata indesiderata, allo stesso tempo viene percepita come necessaria, l’unica possibile per non stare in ansia.
In realtà l’evitamento non è una conseguenza del problema, ma una delle sue cause.
Trattamento
Sulla base di queste premesse lo scopo di un intervento efficace, contrariamente a quanto si crede, non è quello di eliminare l’ansia, ma di raggiungere una progressiva familiarità con l’esperienza dell’ansia, con i pensieri e le sensazioni, in modo da capire che l’ansia non è quell’esperienza catastrofica che si è sempre pensato che fosse, ma un insieme di sensazioni fisiche accompagnate da pensieri catastrofici.
L’effetto paradossale di questo lavoro è la riduzione dell’ansia.
Abbiamo quindi rovesciato la prospettiva: le scelte, le azioni, non sono semplici conseguenze di eventi, ma, al contrario, sono proprio quelle scelte e quelle azioni a produrre delle conseguenze e un effetto sulla propria vita.
In sintesi, un trattamento efficace dovrà comprendere:
il controllo degli attacchi di panico (attraverso il controllo del respiro e della tensione muscolare)
la scomparsa degli evitamenti (attraverso l’esposizione)
a ristrutturazione delle credenze erronee che aumentano l’ansia la riduzione della vulnerabilità
l’apprendimento a generare le sensazioni fisiche che accompagnano il panico, in modo da capirne meglio l’origine e quindi averne meno paura